Crescere: un progetto di famiglia (II)

In questa seconda parte dell’articolo “Crescere in famiglia” si tratta di alcuni aspetti della vita che si apprendono in famiglia: la buona educazione, la disciplina, il temperamento, la vita di preghiera…

Crepita il fuoco nel caminetto durante un’appassionata conversazione su una battaglia di altri tempi. A un dato momento uno degli interlocutori ha un’uscita sorprendente: «Credo che vi siano vittorie e dibattiti sereni, grandi sacrifici personali e atti di nobile eroismo (anche in molte apparenti leggerezze e contraddizioni) non meno difficili da ottenere, perché non hanno cronaca né pubblico di questa terra, ma che avvengono tutti i giorni negli angoli più remoti, nelle piccole famiglie e nei cuori di uomini e donne. Ognuno di questi potrebbe riconciliare con il mondo l’uomo più esigente e riempirlo di fede e di esperienza»i.

Il futuro del mondo non si costruisce solamente nelle grandi decisioni internazionali, per quanto fondamentali possano essere; si decide soprattutto nella controversia quotidiana, in quell’«amore paziente»ii che è il lavoro discreto di nonni, genitori e figli. Il progetto di crescere – crescere soprattutto «al di dentro»iii –, che accompagna ogni persona nel corso della sua vita, è necessariamente un lavoro di gruppo: tutti insieme, al passo di Dio e con il suo soffio sulle vele dell’anima.

Respirare una stessa aria

In una famiglia nella quale si respira aria cristiana, si condividono compiti, preoccupazioni, vittorie e sconfitte. Tutto è di tutti e, nello stesso tempo, si rispetta ciò che è di ciascuno: si insegna ai figli a essere se stessi, ma senza isolarsi nei propri gusti e nelle proprie preferenze. In casa si apprezzano le cose che uniscono, che sono come l’aria che permette a ciascuno di respirare a piacere, di riempirsi i polmoni e di crescere.

Nel compito di conservare l’aria di famiglia tutti sono importanti, anche i più giovani. Per questo conviene ogni tanto dare ai figli piccole responsabilità, adatte alla loro età, che li facciano uscire da se stessi e scoprire che la casa funziona perché tutti collaborano: innaffiare una pianta, apparecchiare la tavola, rifare il letto e riordinare la propria camera, occuparsi del fratello più piccolo, uscire per comprare qualcosa... Un po’ per volta li si fa partecipare alle decisioni: i progetti familiari non s’impongono tassativamente, ma si presentano in modo attraente. In tal modo nessuno rimane isolato e loro si abituano a modi di essere aperti, generosi, preoccupati del mondo e delle altre persone.

L’affetto aiuta a sincronizzare la vita di ciascuno con quella degli altri e a condividere con loro i nuovi capitoli della propria biografia. Aiuta molto avere momenti di riposo in comune, attività che uniscono e che permettono di assaporare tante cose buone. Quando si presenta il dolore, la carità – affetto soprannaturale – ci invita a condividerne il peso: «Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo»iv. Nessuno può vivere da estraneo nella propria casa; non si può fare a meno di avere iniziativa, di alzare lo sguardo e di fare attenzione agli altri: hobby, progetti, amicizie, lavoro, preoccupazioni... Sono cose che richiedono tempo, ma sono proprio le cose migliori che un genitore può dare ai propri figli e che i figli possono dare ai propri genitori.

In una famiglia cristiana c’è anche disciplina, ma amabile: così i figli impareranno in modo piacevole, un po’ per volta, sull’esempio dei grandi. La correzione dev’essere accompagnata dalle buone maniere, che riflettano l’affetto; inoltre, bisogna spiegare il perché, cercando di «non riversare sugli altri l’amarezza del proprio malumore»v. Certe volte occorre essere particolarmente chiari, ma i genitori non dimenticano che le virtù e i valori fanno presa soprattutto quando i figli li vedono incarnati nella loro vita. La fortezza, la temperanza, il pudore, la modestia, vissute nel quotidiano, si presentano allora ai loro occhi come autentici beni: li ritengono connaturali, come l’aria che respirano. Questo vale specialmente per la formazione dell’affettività: i genitori che esternano il loro reciproco affetto nei dettagli più minuti della convivenza – pur senza quelle manifestazioni di affetto che debbono rimanere nell’intimità dei coniugi – introducono facilmente i figli nel mistero dell’amore autentico tra un uomo e una donna.

«Se dovessi dare un consiglio ai genitori, direi soprattutto questo: fate che i vostri figli – che fin da bambini, non illudetevi, notano e giudicano tutto – vedano che voi cercate di vivere con coerenza la vostra fede, che Dio non è soltanto sulle vostre labbra, ma è presente nelle vostre opere, che vi sforzate di essere sinceri e leali, che vi amate e che li amate veramente»vi.

Foto di Ismael Martínez

Grazie, per favore, perdono

In un focolare «luminoso e lieto»vii c’è un rapporto semplice e fiducioso. Nello stesso tempo, la prossimità non dà luogo a indelicatezza o a insolenza. Tutti abbiamo difetti, possiamo sbagliare o ferire, ma abbiamo la capacità di superare incomprensioni o malintesi, senza covare rancore. A qualsiasi livello, dai genitori ai figli, dai figli ai genitori o tra fratelli, bisogna fare attenzione al positivo, a ciò che unisce. Come in qualsiasi convivenza, a volte sorgeranno discussioni o liti, però conviene terminare la giornata rappacificati: è il momento di mettere in pratica l’insegnamento di Cristo di non mettere limiti al perdonoviii. Del resto, chiedere perdono matura la propria anima e quella di colui che lo riceve o presenta una scusa sincera. «Sentite bene: avete litigato moglie e marito? Figli con i genitori? Avete litigato forte? Non va bene, ma non è il vero problema. Il problema è che questo sentimento sia presente il giorno dopo. Per questo, se avete litigato, mai finire la giornata senza fare la pace in famiglia»ix.

Chi ama veramente sa comprendere e perdonare; non soltanto, ma ne ha bisogno. E a partire dalla famiglia, esporta nel mondo questo clima. Per trasformare la foresta cominciamo dal nostro giardino attraverso la «ecologia della vita di ogni giorno», che si manifesta «nella nostra stanza, nella nostra casa, nel nostro luogo di lavoro e nel nostro quartiere»x. «La famiglia è il luogo della formazione integrale, dove si dispiegano i diversi aspetti, intimamente relazionati tra loro, della maturazione personale. Nella famiglia si impara a chiedere permesso, senza prepotenza, a dire grazie come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male»xi.

Questo atteggiamento ci aiuta a relativizzare i problemi che si possono presentare in una convivenza e a eliminare l’idea che in altre situazioni tutto sarebbe più semplice. Di solito è più facile giudicare positivamente coloro che non vivono con noi. Può anche succedere che qualcuno, dotato di una psicologia equilibrata, tenda a idealizzare le cose buone di amici e conoscenti, e invece a mettere in rilievo i difetti e gli errori dei familiari più vicini. Quanto è necessario individuare questi pregiudizi e porvi rimedio! Né il sorriso né l’amabilità di coloro che vediamo ogni tanto è sempre di quel tipo, né il commento pungente di un fratello o di una sorella, dopo una brutta giornata o una cattiva nottata, rispecchia interamente il suo modo di essere o indica l’opinione che ha di noi. Inoltre, è bene sapere che, quando c’è più confidenza con qualcuno, è logico che si abbassi un poco la guardia e ci si sfoghi più facilmente, in una o nell’altra direzione. Allora, una parte dell’affetto consisterà nell’essere comprensivixii; nell’essere, se necessario, uno che consola.

Le tappe dello sviluppo, con le rispettive crisi, sono sfide che richiedono pazienza, perché quasi mai la maturazione avviene di colpo. L’adolescenza, più o meno prolungata, riguarda in particolare l’ambiente della famiglie e certe volte comporta discordie e un maggior nervosismo nei grandi e nei ragazzi. Però il tempo passa e, se la crisi è stata affrontata bene, la famiglia ne esce fortificata: le acque non soltanto riprendono il loro corso, ma diventano più belle e salubri.

È normale che, arrivata l’adolescenza, i figli abbiano bisogno di spazi di libertà, di formare un loro gruppo di amici, di imparare a volare da soli. I genitori continueranno a essere il punto di riferimento, anche se la vivacità giovanile non vorrà accettarlo. Per questo è importante che non appaiano soltanto come “autorità”, ma che stimolino anche un rapporto amichevole e pieno di fiducia. I genitori li incoraggino a prendere decisioni, mostrando loro gli ostacoli; indichino sia gli scogli che potrebbero incontrare nella navigazione, sia il faro verso il quale vale la pena dirigersi. E questo si trasmette più con l’esempio che con molte parole o regole, anche se naturalmente alcune saranno necessarie.

In ogni caso, bisogna avere fiducia nei figli, perché soltanto in un clima di fiducia cresce la libertà. È anche preferibile – diceva san Josemaría – che i genitori «qualche volta si lascino ingannare: la fiducia data ai figli fa sì che essi stessi provino vergogna di averne abusato e si correggano; se invece non hanno libertà, se vedono che non c’è fiducia in loro, si sentiranno spinti ad agire sempre con sotterfugi»xiii.

Una famiglia che prega unita rimane unita

Nella famiglia s’impara anche a rapportarsi con Dio: s’impara a pregare. Quanto apprezzava san Josemaría le preghiere che gli aveva insegnato sua madre! «Senza le madri, non solo non ci sarebbero nuovi fedeli, ma la fede perderebbe buona parte del suo calore semplice e profondo»xiv. Di solito sono i genitori che insegnano ai figli a leggere questa partitura. Non poche volte, tuttavia, avviene uno scambio di ruoli e la Provvidenza si serve dei figli perché il papà o la mamma scoprano la splendida melodia della fede.

Tante volte sarà possibile e utile pregare tutti insieme, ricordando che «la famiglia che prega unita, rimane unita»xv. La pietà trasparente e sincera illumina l’interno e l’esterno della casa, e a poco a poco s’inserisce tranquillamente fra le altre occupazioni quotidiane. Non importa che alcune volte ci si distragga: i figli che scorazzano dappertutto, le molte incombenze di casa... Quando da parte nostra ci impegniamo, queste distrazioni non generano dissonanze, ma vanno diritte in cielo.

Dai genitori fedeli nascono nuovi genitori fedeli, e anche molti che, accettando l’invito di Dio, vogliono seguire un cammino vocazionale nel celibato. Né l’amore verso un’altra persona né l’amore di Dio sono in competizione con l’affetto verso la nostra famiglia, ma anzi l’aumentano. Sempre, in ogni momento della vita, scorre nelle nostre vene il medesimo sangue: resteremo uniti, anche nel caso in cui ci dovessero separare distanze, impegni e molteplici obblighi. Un segno di maturità è proprio la capacità, che s’impara con il tempo, di conciliare i doveri inerenti al nuovo focolare che abbiamo formato con l’affetto filiale e fraterno che dobbiamo continuare a coltivare verso la famiglia d’origine. Per la nostra missione nella vita ci affidiamo alle loro preghiere, e noi la sosteniamo con la nostra. Non si tratta di un semplice premio di consolazione: «un fratello aiutato da suo fratello è più irriducibile di una roccaforte»xvi.

Dal focolare domestico alla periferia

I grandi fronti della famiglia non si esauriscono al suo interno. Così come sarebbe impossibile maturare basandosi soltanto su se stessi, la vita familiare cresce se si apre verso l’esterno. Un focolare cristiano è dotato, è vero, di alcune porte che proteggono l’intimità, che generano l’ambiente adatto alla crescita, però non asfissiano né tappano gli occhi.

La solidarietà costituisce una parte importante della missione delle famiglie cristiane: così, con creatività, si va incontro ai più bisognosi, si stimola lo sviluppo della cultura e dell’educazione per tutti, la cura della terra come casa comune... Le carenze sono assai diverse e spesso non coincidono con le priorità che alcune ideologie o gruppi minoritari lanciano all’agenda del mondo. Quali grandi esempi abbiamo visto di famiglie che vanno incontro agli immigrati senza tetto; di famiglie numerose che accolgono un nuovo figlio; di genitori che si sacrificano per i congiunti e per gli altri, superando eroicamente le difficoltà; di coniugi senza figli che dedicano la loro vita ad aiutare altre famiglie.

E il bello è che “tutto rimane in casa”: con queste iniziative i primi a guadagnarci sono gli stessi componenti della famiglia. E dalla casa al mondo: la famiglia, scuola di amore gratuito e sincero, è «l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico»xvii. Chi è cresciuto con «il “sano preconcetto psicologico” di pensare abitualmente agli altri»xviii gode ascoltando, comprendendo, convivendo, risolvendo concrete necessità degli uomini, suoi fratelli.

Le famiglie non sono sole

Il panorama delle famiglie, il loro ruolo nella Chiesa e nel mondo, è appassionante. Nello stesso tempo non sfuggono a nessuno le difficoltà che stanno attraversando. Però le famiglie non sono sole: molte persone buone dedicano tempo ed energie nell’aiutare i genitori nella loro attività formativa. Scuole, club giovanili e tante altre iniziative sono un supporto talvolta determinante per la guida dei giovani e degli anziani. L’aiuto nelle faccende domestiche, non esclusive delle madri, è l’altra colonna che sostiene i focolari cristiani: per questo, a coloro che dedicano la vita nel trasmettere la loro scienza e la loro esperienza in questo campo, san Josemaría diceva che hanno «una efficacia educativa superiore a quella di molti docenti universitari»xix.

Che dire, per concludere, quando, malgrado ogni sforzo, rimane l’impressione che si potrebbe fare di più? Quanti genitori che hanno cercato di educare i figli il meglio possibile, il meglio che sono stati in grado di fare, si trovano poi alle prese con problemi materiali e spirituali dei figli, per esempio l’allontanamento dalla fede o la conduzione di vite sregolate? Oltre a continuare ad approfondire il problema per prevenire e migliorare, se ci si trova in questa situazione, è il momento di imitare quel Padre della parabola che, senza forzare la libertà del figlio, gli va incontro, disposto ad aiutarlo appena dà segno di volersi correggerexx. È il momento di rivolgersi di più al Cielo, magari dicendo: Dio mio, ora tocca a te. «I padri devono essere pazienti. Tante volte non c’è altra cosa da fare che aspettare; pregare e aspettare con pazienza, dolcezza, magnanimità e misericordia»xxi.

Wenceslao Vial

i Charles Dickens, La Battaglia della Vita: Una storia d’amore, Oscar Classici, Mondadori, 1990, pag. 427.

ii  Papa Francesco, Omelia, 27-X-2013.

iii  San Josemaría, Cammino, n. 294.

iv Gal 6, 2.

v San Josemaría, È Gesù che passa, n. 174.

vi  Ibid., n. 28.

vii Ibid., n. 78.

viii Cfr. Mt 18, 21-22.

ix Papa Francesco, Udienza, 13-V-2015.

xPapa Francesco, Enc. Laudato Si’, n. 147; cfr. Udienza, 13-V-2015.

xiPapa Francesco, Enc. Laudato Si’, n. 213.

xiiCfr. San Josemaría, Cammino, n. 463.

xiiiSan Josemaría, Colloqui con Mons. Escrivá, n. 100.

xivPapa Francesco, Udienza, 7-I-2015.

xvSan Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, n. 41.

xviPro 18, 19.

xviiPapa Francesco, Udienza, 7-I-2015.

xviiiSan Josemaría, Forgia, n. 861,

xixSan Josemaría, Colloqui con Mons. Escrivá, n. 88.

xxCfr. Lc 15, 20.

xxiPapa Francesco, Udienza, 4-II-2015.