Dalla cellula comunista ‘Ho Chi Min’ al Diaconato

Fabio Quartulli è uno dei 38 fedeli dell’Opus Dei che il prossimo 25 novembre riceverà il diaconato a Roma. Tra sei mesi sarà ordinato sacerdote. Nato in Francia 37 anni fa, è figlio di un muratore italiano, emigrato a Parigi in cerca di lavoro. In gioventù ha fatto parte di una cellula comunista, senza sapere ciò che gli riservava il futuro...

Tutto è cominciato quando i tuoi genitori sono emigrati in Francia...

Dopo aver combattuto nella Seconda Guerra Mondiale in Albania e in Russia, mio padre era ritornato in Italia. Viveva a Squinzano, un piccolo paese del sud d’Italia, in provincia di Lecce. Erano anni di grande fermento sociale ed egli era assolutamente convinto che il comunismo avrebbe eliminato la povertà del dopoguerra. Perciò era – e lo è tuttora – un comunista convinto. I carabinieri facevano frequenti perquisizioni nella sua casa alla ricerca di opuscoli e volantini, perché c'era aria di rivoluzione imminente.

Non trovando lavoro, mio padre emigrò in Francia e si mise a lavorare come muratore ad Argenteuil, vicino a Parigi. Poco dopo lo raggiunse mia madre, che aveva un’educazione cattolica, ma non era praticante. Così le idee che i miei fratelli e io imparammo da giovani erano quelle che uscivano continuamente dalla bocca di papà: giustizia sociale, lotta di classe...

E siete stati attratti dal comunismo.

Sì. A 15 anni io, per esempio, avevo già letto il Manifesto del Partito Comunista e gran parte de “Il Capitale” di Marx. A quell’età, assieme alla più grande delle mie sorelle, mi iscrissi nei Giovani Comunisti. Facevamo parte del gruppo della mia città, la cellula “Ho Chi Min”.

"A 15 anni io, per esempio, avevo già letto il Manifesto del Partito Comunista. A quell’età, assieme alla più grande delle mie sorelle, mi iscrissi nei Giovani Comunisti"

Fino all’Università sono stato un membro molto attivo: vendevamo il giornale ‘L’Humanité’, distribuivamo foglietti di propaganda, raccoglievamo firme di sostegno al partito e ad altre cause, come, per esempio, la liberazione di Mandela. Ricordo che per la vittoria socialista nelle elezioni francesi del 1981 in casa mia si fece una grande festa.

Che attrattiva aveva questa ideologia per te?

Sono stato sempre interessato ai problemi sociali e della povertà. La lotta di classe e la ripartizione dei beni mi attraeva. Tuttavia c’era una cosa che non mi convinceva del tutto: l'idea che la rivoluzione giustificasse la violenza. Ci arrivavano anche informazioni sui gulag, e questo non mi piaceva.

Che cosa pensavi della Chiesa?

Mi sembrava che il suo messaggio fosse buono, ma che non riuscisse a realizzarlo. Non avevo fiducia nella Chiesa come istituzione. Anche se poi, a modo mio, credevo in Dio. Quando mia madre morì di cancro, per esempio, mia sorella disse che mai avrebbe potuto credere in un Dio che si portava via le persone in quel modo. Io, invece, le dissi che avrei continuato a credere. Penso che questo l’abbia sorpresa.

Quando hai cominciato a praticare la fede?

A 19 anni sono andato a Parigi, a studiare biologia. Nel mio gruppo di amici c’era un cattolico praticante: Christophe Borel. Parlavamo di tutto, anche della fede cristiana. Con me non era troppo insistente, perché conosceva le mie idee. Invece incoraggiava gli altri, quelli che si dichiaravano cristiani, a vivere meglio la loro fede. Christophe era un soprannumerario dell’Opus Dei.

Un sabato, dopo una festa in casa di un amico, persi l’ultimo treno per far ritorno a casa mia. Christophe mi invitò a passare la notte nel suo appartamento, pur avvertendomi che il giorno dopo avrebbe fatto di buon’ora un po’ di rumore perché voleva andare a Messa nella chiesa della Madeleine. “Mi piacerebbe venire con te – gli dissi -. Sveglia anche me, per favore”. Lo feci soltanto per curiosità ed educazione.

Quella sera mi accorsi che Christophe aveva in casa un opuscolo che s’intitolava: “Perché e come confessarsi”, scritto da un sacerdote, il rev. do Romero. Cominciai a leggerlo e in poco tempo lo terminai. La mattina dopo dissi che mi avrebbe fatto piacere confessarmi. Pochi giorni più tardi – un giovedì, lo ricordo bene – Christophe mi presentò un sacerdote dell’Opus Dei. Da quel giorno sono andato a ricevere il sacramento della penitenza ogni due settimane

E poi?

Cominciai a frequentare le attività culturali e spirituali dirette a universitari in quel Centro dell’Opus Dei. Christophe mi seguiva facendomi scoprire un mondo sconosciuto. Ricordo ora, per esempio, quando mi insegnò a recitare il rosario mentre camminavamo lungo la riva della Senna.

Poco tempo dopo mi propose di seguire lo stesso piano di vita spirituale di una persona dell’Opera. Io allora avevo una fidanzata, sicché pensai di chiedere l’ammissione come soprannumerario. Più avanti ho visto che il Signore mi chiamava al celibato, e così nel 1992 divenni numerario.

Che cosa hai scoperto da indurti a cambiare?

Ho scoperto che nel cristianesimo bisogna aiutare ogni persona, una per una. Il comunismo sacrifica la dignità personale a favore della collettività; però ognuno di noi è figlio di Dio, e il mondo cambierà se ci aiutiamo, uno per uno, mediante la carità. Come vedi, non ho perduto l’interesse per la giustizia sociale e la scomparsa della povertà.

Che cosa hai imparato nell’Opus Dei?

Mi hanno insegnato a fare orazione, ad avere con Dio un rapporto a tu per tu, e anche a fare apostolato. Quando ero nella cellula ‘Ho Chi Min’ ci davamo da fare per l’espansione del comunismo; però era tutto diverso, perché volevamo unicamente che la gente sostenesse il partito: la vita di chi ci aveva appena dato la firma non ci interessava. L’apostolato cristiano è diverso: Dio ti incoraggia a interessarti degli altri, della loro situazione, dei loro problemi.

Qual è stata la reazione della tua famiglia alla tua conversione?

Normale, abbiamo goduto sempre di molta libertà. La mia sorella più grande, la stessa con la quale avevo militato tra i Giovani Comunisti e che più tardi aveva deciso di non credere in Dio, non riusciva a capire la mia decisione. “Non ti sposerai!”, mi diceva spaventata.

E siccome la vocazione è un tesoro che uno scopre e sente la necessità di condividere con gli altri, io cominciai da lei. Avendo con lei molta confidenza, le andai spiegando tutto, a poco a poco. Ora è una numeraria ausiliare dell’Opera.

"Dio, che mi ha guidato nella vita secondo la sua volontà, ora mi invita a servire così la Chiesa"

Fra pochi giorni sarai ordinato diacono; che cosa provi?

È il primo passo verso il sacerdozio. Dio, che mi ha guidato nella vita secondo la sua volontà, ora mi invita a servire così la Chiesa. Sento in me un grande entusiasmo... e molta responsabilità.