Elezione e nomina del prelato dell’Opus Dei

Questo testo spiega il processo di elezione e successiva nomina del prelato, come previsto dagli “Statuti” della prelatura dell’Opus Dei.

Sede del prelato nella chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace.

Come si elegge il prelato dell'Opus Dei?

Come prevede il diritto, quando rimane vacante l’ufficio del prelato, il governo compete al vicario ausiliare che, entro un mese, deve convocare il Congresso generale elettorale affinché sia designato un nuovo prelato prima che passino tre mesi da quando si è prodotta la vacatio (cfr. Statuti, 149 § 1-2).

Chi partecipa all'elezione del prelato dell'Opus Dei

I fedeli dell’Opus Dei che intervengono al Congresso elettorale sono sacerdoti e laici di almeno 32 anni di età e che fanno parte della prelatura da un minimo di nove anni. Sono stati nominati tra i fedeli delle diverse nazioni in cui l’Opus Dei svolge il suo lavoro pastorale (cfr. Statuti, 130 § 2). Gli statuti non stabiliscono il numero massimo di congressisti. Negli ultimi congressi il numero si è aggirato intorno a un centinaio.

La nomina dei membri del Congresso generale elettorale non è discrezionale, ma richiede il voto deliberativo del Consiglio generale (vale a dire, si procede alla nomina soltanto se c’è una maggioranza di voti favorevoli). Il Consiglio generale prende le sue decisioni dopo aver sentito il parere della Commissione regionale (il consiglio che assiste il vicario nel governo di ogni regione o Paese) e dei congressisti della rispettiva circoscrizione (cfr. Statuti, 130 § 2).

Elezione del prelato dell'Opus Dei: chi può essere eletto

L’elezione del prelato deve ricadere necessariamente su un sacerdote, che abbia almeno quaranta anni di età compiuti, che sia membro del Congresso e che almeno da dieci anni faccia parte della prelatura e almeno da cinque è sacerdote (cfr. Statuti, 131, 1°).

Gli statuti della prelatura descrivono le diverse condizioni umane, spirituali e giuridiche che deve avere il prelato per garantire il retto disimpegno dell’incarico: in sintesi, deve distinguersi in alcune virtù come la carità, la prudenza, la vita di pietà, l’amore per la Chiesa e il suo Magistero, e la fedeltà all’Opus Dei; deve possedere una profonda cultura, sia nelle scienze ecclesiastiche che nelle profane, e avere adeguate doti di governo (cfr. Statuti, 131, 2° e 3°). Sono requisiti analoghi a quelli che il diritto canonico richiede per la candidatura all’episcopato (cfr. Codice di Diritto Canonico, c. 378, § 1).

Che sistema si usa per l'elezione del prelato?

Per la designazione del nuovo prelato si segue il sistema di elezione canonica, regolato dal vigente Codice di Diritto Canonico con carattere generale per le diverse istituzioni ecclesiastiche (cfr. canoni 164-179; cfr. anche la costituzione apostolica Ut sit, art. IV). In accordo con questi principi generali del diritto, gli statuti della prelatura dell’Opus Dei concretano alcuni aspetti specifici, tra i quali si evidenzia, per il carattere di struttura giurisdizionale dell’organizzazione gerarchica della Chiesa che ha la prelatura, il requisito che l’elezione debba essere confermata dal Romano Pontefice (cfr. Codice di Diritto Canonico, 178-179; Ut sit, IV; Statuti 130, § 1).

Il procedimento di elezione ha inizio con una riunione previa del plenum del Consiglio per le donne della prelatura, chiamato Assessorato centrale: attualmente compongono questo Consiglio trentotto donne – di venti nazionalità differenti – tra le quali sono comprese le delegate delle circoscrizioni regionali (cfr. Statuti, 146, § 2). Ognuna di esse formula liberamente una proposta con il nome o i nomi dei sacerdoti che ritiene più adatti alla carica di prelato, che vengono trasmessi al Congresso generale elettorale (cfr. Statuti, 130, § 3). I membri del Congresso, tenendo conto delle proposte del plenum dell’Assessorato centrale, procedono alla votazione. Possono votare solamente i congressisti presenti: è escluso il sistema delle deleghe (cfr. Statuti, 130, § 1).

Compiuta l’elezione, e accettata dall’eletto, questi – da se stesso o per mezzo di altri -, deve richiedere la conferma del Romano Pontefice (cfr. Statuti, 130, § 4).

Confermata l’elezione da parte del Papa, il prelato è nominato e acquisisce la pienezza della sua potestà (cfr. Statuti, 130, § 1).

A partire dalla nomina, è già prelato a tutti gli effetti e utilizza pertanto le insegne proprie di chi è a capo di una circoscrizione ecclesiastica, con potestà episcopale.

Durante il tempo in cui rimane vacante l’ufficio di prelato, continuano nell’esercizio dei loro incarichi coloro che svolgono funzioni di direzione, sia di carattere generale, sia nell’ambito delle diverse circoscrizioni territoriali dell’Opus Dei. Dopo la nomina del nuovo prelato da parte del Papa, possono essere ratificati o sostituiti negli incarichi ricoperti (cfr. Statuti, 149, § 3): trattandosi di una struttura giurisdizionale e gerarchica, i diversi organi di governo si considerano canonicamente come vicari o cooperatori del prelato, centro e fonte dell’unità della prelatura (cfr. Statuti, 125, § 1).

La potestà del prelato si esercita in accordo con il diritto generale della Chiesa e quello particolare della prelatura: la costituzione apostolica Ut sit e il Codex iuris particularis Operis Dei o Statuti promulgati dal Romano Pontefice (c. 295 § 1), dove sono regolate con precisione le diverse competenze giuridiche e pastorali. Come si legge negli Statuti, il prelato deve essere per i fedeli dell’Opus Dei maestro e padre, deve amare veramente tutti in Cristo e deve formarli e accenderli con ardente carità, spendendo con gioia la propria vita per loro (cfr. Statuti, 132, § 3).

Il canone 295 del Codice di Diritto Canonico e l’articolo IV della costituzione apostolica Ut sit, stabiliscono che il prelato guida l’Opus Dei come ordinario e pastore proprio, con giurisdizione per compiere la missione pastorale che la Chiesa affida alla prelatura.

Questa giurisdizione si estende ai chierici incardinati nella prelatura e ai fedeli laici che si dedicano alle attività apostoliche dell’Opus Dei (cfr. Ut sit, III). Comprende il regime o governo del proprio clero, e la formazione e l’assistenza spirituale e apostolica dei laici incorporati nella prelatura, in vista di una più intensa dedicazione al servizio della Chiesa. I laici, come tutti gli altri fedeli laici, loro uguali, rimangono sotto la potestà del vescovo diocesano in tutto ciò che è stabilito con carattere generale per i fedeli cristiani e conservano la libertà e l’indipendenza propria di ogni fedele cattolico in tutto ciò che si riferisce alle decisioni familiari, professionali, culturali, sociali o politiche (cfr. Statuti, 88, § 3).