Il fuoco dei primi cristiani

Come si comportavano i primi cristiani di fronte al mondo che li circondava? A volte appare la tentazione di attribuire lo sviluppo del Vangelo a prodigi e grandi miracoli. Senza dubbio, la fede fu il prodigio che conquistò uomini di tutti gli ambienti sociali, di tutte le culture e condizioni. La fede, e l'amore a Gesù Cristo.

Mancano ancora poche ore perché spunti il mattino. Un uomo passeggia sul bordo della spiaggia, contemplando il mare. È una persona famosa in molti circoli intellettuali. Si accorge che sul posto, prima deserto, c'è un’altra persona, un anziano. L’intellettuale si domanda che cosa ci faccia lì costui, a quell'ora, ma non dice nulla. Si limita a guardarlo, sorpreso. L’anziano si accorge del suo stupore, gli si rivolge e gli spiega che sta aspettando alcuni famigliari, che sono imbarcati. La conversazione prosegue. L’intellettuale parla di vari argomenti: cultura, politica, religione. Gli piace parlare. L’anziano sa ascoltare e, quando interviene, lo fa con senso cristiano. Forse, in un’altra situazione, l’intellettuale avrebbe ironizzato oppure interrotto il dialogo. Invece, la semplicità dell’interlocutore lo disarma. L’intellettuale forse non ne condivide le idee, ma riconosce di avere molto in comune con l'altro. Guarda con simpatia la fede innocente dell’anziano. Passano le ore. Si salutano. Non si vedranno mai più.

L’intellettuale non dimenticherà mai l'incontro. Mesi dopo, comprenderà che solo le parole dell’anziano rispondono alla sua ansia di verità. Un incontro casuale lo ha avvicinato alla fede, aprendogli un orizzonte più ampio di quello che gli offrivano tutte le sue idee precedenti. Poco tempo dopo, Giustino, il filosofo, riceverà il battesimo e diventerà uno dei più grandi apologeti cristiani 1.

Forse un avvenimento simile è capitato a nostri amici, o a noi stessi. La storia di san Giustino è attuale perché le risposte alle domande che l’uomo non può tralasciare di farsi – il senso della vita, la possibilità della felicità, il modo per ottenerla, l’esistenza della sofferenza – si trovano solo in Cristo. Tuttavia, non è così evidente che nella Croce si trovino la felicità e la pienezza della vita. Forse per questo a volte distogliamo la nostra attenzione dal problema. Cerchiamo a tutti i costi di sfuggire al dolore, ma il dolore è inevitabile. Fondiamo l'esistenza sul successo, sulla sicurezza del denaro, sul piacere; ma sono fondamenta false, che finiscono per saturare e ingannare. Alla fine, non resta che la solitudine del figlio prodigo, la desolazione di chi ha tentato di costruire la sua vita prescindendo da Dio 2.

Leggendo le Confessioni di Sant’Agostino o le vite dei primi convertiti, scopriamo che le loro inquietudini sono sostanzialmente le stesse dell’uomo di oggi. Le stesse ansietà, le stesse soluzioni, gli stessi surrogati, la stessa unica risposta vera: Cristo. C’è chi cerca di negare questa realtà, argomentando che gli uomini del I secolo erano incapaci di distinguere realtà e finzione. Credere in Dio sarebbe impossibile alla luce dell’attuale progresso, e incompatibile con il senso moderno della libertà. Un simile modo di considerare i primi cristiani e i loro coevi è del tutto ingiusto: anche nell’antica Roma abbondavano i personaggi moderni che approfittavano del progresso per il proprio piacere e in nome della libertà difendevano il proprio egoismo. I primi cristiani hanno saputo affrontare le nostre stesse difficoltà, corrispondendo alla grazia. Anzi, forse le loro difficoltà furono oggettivamente maggiori, perché vivevano in un mondo estraneo alle idee del cristianesimo. Un mondo nel quale, accanto a un livello tecnico e culturale mai prima conosciuto, parole come “giustizia” o “uguaglianza” erano riservate a pochi; dove i crimini contro la vita erano fatti normali; dove il divertimento consisteva nell'assistere alla morte altrui. A volte, ci si riferisce al mondo moderno definendolo post-cristiano, come per indicare un progresso. Ma perfino coloro che cercano di negare il messaggio di Cristo, non possono, né vogliono, prescindere dai suoi valori umani. Gli uomini di buona volontà, che non mancano mai, sanno che esiste un terreno comune. In qualche modo, la realtà, dopo Cristo, è cristiana.

La pietà dei primi Come reagirono i primi cristiani di fronte al mondo in cui si trovavano? A volte, c'è la tentazione di attribuire l’espansione del Vangelo a prodigi e miracoli. E dunque si pensa che, venuti meno i miracoli, non resta altro che rassegnarsi agli errori diffusi nella società. Ma ci dimentichiamo che Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre, e che il suo braccio non si è accorciato. E dimentichiamo anche che, in linea di massima, i componenti della prima comunità cristiana non videro alcun segno straordinario. È stata la fede il prodigio che ha trascinato persone di ogni classe, condizione e cultura. La fede, e l’amore di Cristo.

I primi cristiani erano coscienti di possedere una nuova vita.Ilfatto, semplice e sublime, del Battesimo 3, li aveva posti in una realtà nuova: nulla era uguale a prima. Erano depositari e partecipavano dell’amore di Gesù per tutti gli uomini. Dio abitava con loro, e dunque i primi cristiani cercavano di trovare la volontà divina in ogni momento: di agire con la stessa docilità del Figlio verso i piani del Padre. Così, attraverso la loro vita quotidiana, la loro coerenza, eroica anche solo per la loro costanza, Cristo poté vivificare la società in cui stavano. Furono strumenti di Dio perché vollero sempre agire come Gesù stesso. San Giustino riconobbe nell’anziano della spiaggia l’uomo che lo portò alla fede, benché la sua conversione fu successiva. Priscilla e Aquila scoprirono le potenzialità di Apollo. Oggi ci accorgiamo che le conseguenze di tali incontri sono incalcolabili. Non si può pensare agli apologisti senza Giustino, né all’espansione del cristianesimo senza Apollo. Tutto è dipeso da un istante: che cosa sarebbe avvenuto se l’anziano non avesse preso l’iniziativa e non avesse chiesto a Giustino se si conoscevano? Se Aquila e Priscilla avessero ammirato l’oratoria di Apollo e avessero continuato per la loro strada? Non lo sappiamo. Ma ciò che sappiamo è che hanno corrisposto all’azione dello Spirito che li portò a individuare un'occasione, e Dio riempì di frutti la loro docilità. In loro si compì ciò che san Josemaría voleva dai suoi figli e da tutti i cristiani: Ognuno di voi deve fare in modo di essere apostolo di apostoli 4.

Essi potevano rispondere alle mozioni dello Spirito nella loro anima in primo luogo perché coltivavano una profonda vita di pietà. Sapevano riservare vari momenti della giornata per stare a tu per tu con il Signore. Non si affidavano al caso, poiché sapevano che dai momenti di rapporto più intimo con Lui dipendeva il fatto di poterLo incontrare anche durante il resto della giornata.

Numerosi testi dei primi secoli permettono di affacciarsi sul modo con cui i cristiani di allora vivevano la loro fede. Appena svegli, ringraziavano Dio in ginocchio. Tre volte al giorno recitavano un Padrenostro, mai in modo soltanto ripetitivo; i commenti dei Padri e dei primi scrittori ecclesiastici mostrano come questi momenti venivano messi in relazione con le normali attività. Fra le altre considerazioni, questa preghiera li poneva di fronte alla loro filiazione divina, realtà che sentivano molto viva. Quando pregavano per i loro nemici si domandavano in che modo potessero manifestare loro l’amore di Dio. Nel momento di dire dacci oggi il nostro pane, si rapportavano mentalmente con l’Eucaristia, ringraziando per tale dono; in questa stessa richiesta scoprivano la necessità di essere distaccati dai beni terreni, poiché indicava che non volevano più del necessario né si preoccupavano troppo di ciò che non avevano. Il Padrenostro si trasformava nella sintesi di tutto il Vangelo e nella norma della vita cristiana. I momenti stessi scelti per questa orazione ricordavano loro i misteri della fede e la necessità di identificarsi con Gesù lungo la giornata, ora per ora: «Certamente all’ora terza discese lo Spirito Santo sugli apostoli (…): il Signore fu crocefisso all’ora sesta, alla nona lavò con il suo sangue i nostri peccati»5. La catechesi, la formazione che ricevevano, mai separava il mistero cristiano dalla vita.

Molti fedeli cristiani praticavano il digiuno il mercoledì e il venerdì, i cosiddetti dies stationis. Il lavoro continuava, ma tutta la giornata si impregnava di un forte desiderio di vigilanza, concretata nella preghiera per gli altri. Come soldati di guardia, coloro che seguivano questa consuetudine vedevano se stessi in veglia alla presenza del loro Signore. Questa pratica di pietà aveva delle conseguenze nel loro ambiente: «Calcolerai la spesa del pranzo che dovevi fare quel giorno e la darai a una vedova, a un orfano o a uno che ne abbia bisogno» 6. È commovente questo vincolo che, lungo i secoli di cristianesimo, unisce la vera pietà con la carità.

L’ Eucaristia occupava un luogo privilegiato. L’assiduità alla parola di Dio, le orazioni e la frazione del pane 7 non si limitava alle domeniche. Alcuni testi dei primi scrittori cristiani permettono di vedere alcune persone che ricevevano la Santa Comunione durante la settimana, a volte a costo di scomodità per non interrompere i digiuni volontari. Qualsiasi piccolo sacrificio era considerato nulla, rispetto a rafforzare l’unione con Gesù. Uomini e donne sapevano che, quanto più erano uniti a Cristo, più facilmente avrebbero potuto scoprire ciò che Dio si aspettava da loro, le occasioni che Egli aveva preparato per portare molte persone alla piena felicità.

Queste pratiche di pietà non erano considerate imposizioni obbligatorie della fede. Era il modo logico di ricambiare il dono ricevuto. Dio si era donato. Potevano forse gli uomini non cercarlo, non unirsi a Lui? Non si accontentavano di poco, ma si servivano di tutto ciò che onora Dio, per starGli vicino 8. Da queste norme di pietà –così potremmo chiamarle– traevano le forze per mostrare Cristo nelle loro opere, per vivere in modo contemplativo, avendo chiaro che Egli voleva servirsi di ciascuna delle loro azioni per annunziare il Regno di Dio. Non dimenticavano che, dal fatto che si comportassero come Dio voleva, dipendevano molte cose grandi 9.

Con la forza della carità

La vita di pietà era inseparabile da un apostolato intenso. In alcuni casi, gli amici dei primi cristiani percepivano i cambiamenti nel loro modo di vivere: la dignità della condizione cristiana è incompatibile con molti modi di agire considerati, allora come oggi, normali. I cristiani approfittavano di tale contrasto per spiegare la ragione della loro speranza e del loro nuovo modo di comportarsi. Facevano notare che il loro atteggiamento era più in accordo con la dignità dell’uomo e che la loro fede non li portava a negare ciò che di buono c’è nel mondo: «Non faccio il bagno al primo albore dei Saturnali per non perdere il giorno e la notte: tuttavia faccio il bagno a un'ora conveniente e salubre, che il calore mi conservi e il sangue (…). Non banchetto in pubblico nelle feste liberali (…). Tuttavia pranzo dove che sia, della roba tua usando» 10. Spiegavano che in questo modo potevano custodire il proprio cuore per Dio e per gli altri, perché «molto più schiviamo quelle opere di cui già fuggiamo il pensiero» 11. Spezzavano così il sofisma di una morale puramente esterna; infatti è ciò che procede dal cuore che contamina l’uomo 12.

Alcune volte la conversione al cristianesimo non si notava all’esterno, almeno inizialmente. Molti di loro, prima del battesimo, erano noti per la loro rettitudine: per esempio san Giustino, il console Sergio Paolo 13, Pomponia Grecina 14, il senatore Apollonio 15, i Flavi16 e molti altri. Gli storici romani trasmisero alcuni nomi illustri, ma la maggior parte dei primi cristiani era fatta da persone normali che, mosse dalla grazia, riconobbero la verità nel messaggio del Signore. Il fatto di trovare la fede in età adulta fece sì che la loro professione e le loro relazioni sociali acquisissero ancora più valore: divenendo l’ambiente dove Cristo avrebbe agito in loro e attraverso di loro. Non li sfiorò neppure l'idea di autoescludersi o di accettare di essere separati dalla società nella quale erano cresciuti e che amavano. Certamente non transigevano in ciò che si riferiva a Dio, ma cercavano di impegnarsi a fondo nel compimento dei propri doveri e sapevano che le loro azioni avrebbero contribuito a rendere il mondo più giusto. Le testimonianze sono innumerevoli, ma forse la miglior prova del loro modo di agire è la incisività apostolica dei primi cristiani. Dietro la storia di ogni conversione, troviamo qualcuno che mostrava con le opere di aver fatto una scelta buona e vera. Un uomo, o una donna, che affrontava la vita con coraggio e con gioia.

Nel momento di agire i cristiani non si ponevano falsi dilemmi tra pubblico e privato. Vivevano la loro vita, la vita stessa di Cristo. Questo cozzava contro la mentalità dell’epoca, nella quale molti intendevano la religione come uno strumento di coesione dello Stato. Tale sconcerto si nota per esempio nella testimonianza del martirio di san Giustino. Il prefetto Rustico non era in grado di accettare o di comprendere le parole di responsabilità e di iniziativa personale del martire: «Ognuno si riunisce dove può o preferisce. Senza dubbio immagini che ci riuniamo in uno stesso luogo, ma non è così (…). Io vivo insieme a un certo Martino, nei bagni di Timiotino (…). Se qualcuno voleva venire a vedermi, gli comunicavo lì le parole di verità» 17. La loro azione apostolica era il risultato della piena libertà e iniziativa dei figli di Dio. Il gran cambio sociale che crearono fu sempre il risultato di numerosi cambiamenti personali.

Le incomprensioni furono sempre per i primi cristiani uno stimolo per mostrare la loro fede con le opere. L’amore per Dio si mostrava nel martirio. Era considerato una testimonianza: ma se patire il martirio era la testimonianza suprema, la maggioranza dei cristiani sentiva di dover incarnare un martirio spirituale, mostrando nella loro vita lo stesso amore che dava slancio ai martiri. Per secoli i termini “martire” e “testimone” furono intercambiabili, poiché indicavano un unico concetto. I nostri antenati nella fede sapevano che agire cristianamente avrebbe favorito la comprensione del Vangelo e l’incoerenza avrebbe portato allo scandalo, «perché i gentili, quando ascoltano dalla nostra bocca le parole di Dio, si meravigliano della loro bellezza e grandezza; ma quando scoprono che le nostre opere non sono degne delle parole che diciamo, immediatamente cominciano a bestemmiare, dicendo che è un racconto fallace e un inganno»18. Benedetto XVI ha ricordato come va mostrata la carità di Cristo: «L’amore del prossimo radicato nell’amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele» 19. Che compito appassionante rendere presente qui e ora l’amore di cui l’uomo ha sempre bisogno!20. Amore che i primi cristiani manifestarono con la loro preoccupazione sociale, con la loro onestà professionale, la loro vita limpida e il senso dell’amicizia e della lealtà. In definitiva, con la loro coerenza. «Noi siamo in tutto e per tutto uniformi e uguali, perché serviamo, e non comandiamo alla ragione» 21.

Alla luce di queste considerazioni è facile comprendere perché San Josemaría incoraggiò le sue figlie e i suoi figli a imitare i primi cristiani. È un obiettivo appassionante vivere come loro: La meditazione della dottrina della fede, fino ad assimilarla pienamente, l’incontro con Cristo nell’Eucaristia, il dialogo personale – la preghiera senza anonimato – a tu per tu con Dio, devono arrivare a essere come la sostanza della nostra condotta,22. In questo modo il nostro lavoro, la normalità della nostra vita, manifesteranno ciò che siamo: cittadini cristiani che vogliono essere all'altezza, con gioia, delle stupende esigenze della nostra fede, nella sua pienezza 23. Proveremo lo stessostupore dei primi discepoli nel contemplare le primizie dei miracoli che le loro mani operavano in nome di Cristo,e diremo con loro: “Influiamo tanto sull’ambiente!”24.

1 . Cfr. San Giustino, Dialogus cum Tryphone, 2.

2 . Cfr Lc 15, 16.

3 . Colloqui con Mons. Escrivá, n. 24.

4 . Cammino, n. 920.

5 . San Cipriano, De Dominica oratione, n. 35

6. Herma, Il Pastore, Paragone V, 4.

7 . Cfr At 2, 42

8 . Cfr Tertulliano, De oratione, 27.

9 . Cfr Cammino, n. 755.

10 . Tertulliano, Apologeticum, 42.

11. Atenagora, Legatio pro christianis, 33.

12 . Cfr Mt 15, 18-19.

13 . Cfr At 13,7.

14 . Cfr Tacito, Annales, 13, 32.

15 . Cfr Svetonio, Historia Domitiani, 10,2. 16 . Cfr Svetonio, Historia Romana, 67,14.

17. Martirium S: Iustinii et sociorum, t5,

18. Pseudo-Clemente, Homilia [Secunda Clementis], 13.

19 . Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est, 25-XII-2005, n. 20.

20 . Cfr Ibidem, n. 31.

21 . Atenagora, Legatio pro christianis, 35.

22 . È Gesù che passa, n. 134.

23 . Cfr Ibidem.

24 . Cammino, n. 376.