Le periferie esistenziali, scuola di coraggio e di umanità

Il 14 novembre la Residenza Universitaria Internazionale di Roma ha aperto le sue porte per l’inaugurazione dell’anno accademico 2016-17.

In chiusura di Giubileo della Misericordia, si è optato per un tema che potesse essere in linea con l'anno santo e catturare l’attenzione degli studenti universitari e di quanti avrebbero partecipato: “Le periferie esistenziali, scuola di coraggio e di umanità”.

Dopo i saluti del direttore Marco Sartirana, che ha ricordato le attività dell’anno appena concluso, tra cui – oltre a tante ore di studio – anche una costante partecipazione dei ragazzi alle mense per i senza tetto della Stazione Ostiense e di Piazza Venezia, nonché la compagnia agli anziani al Don Guanella sulla via Aurelia, hanno preso la parola i due ospiti della serata.

Don Roberto Guernieri, cappellano del carcere romano di Rebibbia, ha esordito in maniera scherzosa, ricordando come suo padre – dinanzi alla sua vocazione – lo avesse incoraggiato a fare perlomeno carriera nel Vaticano… E lui rispose che la carriera l’avrebbe fatta, sì, ma come Dio comandava. E ora può vantare, appunto, un curriculum di 32 anni di sacerdozio spesi tra gli ultimi: una carriera dell’emarginazione. Cominciò a Santa Maria della Pace, in zona Piazza Navona, con un centro Caritas. Poi, una volta ordinato sacerdote, passò in zona Termini. Cominciò a radunare ragazzi che potessero aiutarlo (col tempo, ne contò duemila) e si dedicò a senzatetto, prostitute, immigrati e tante altre persone in difficoltà che vivevano nei dintorni della stazione. Dopo aver vissuto con loro, aprì un centro che potesse accoglierli. Accompagnarli, come gli piace dire, secondo lo stile di papa Francesco: i problemi non li risolviamo noi, li risolve Dio; noi, accompagniamo.

Un giorno, lo chiamarono dalla Curia: un cardinale voleva vederlo. Gli chiese di diventare cappellano di Rebibbia. Don Roberto accettò l’incarico, e si presentò al carcere. Da allora – era il 1992 – tanti e tanti incontri: tempo speso a parlare, a dare fiducia, a guardare la televisione coi detenuti. Ogni tanto, soprattutto all’inizio, gli chiedevano: “ma non ha paura?” “Paura? E cosa mi possono fare… Io sono lì per loro… per Lui e per loro”.

Successivamente ha preso la parola Ernesto Albanese, manager affermato, che nel 2005, dopo la morte di suo padre causata da un assalto di malviventi a Napoli, ha deciso di dedicare il suo talento imprenditoriale al rilancio del rione Sanità e dei ragazzi che ci vivono. Da allora, in coppia col parroco del quartiere, la ONLUS “L’altra Napoli” ha raccolto fondi, sostenuto progetti, incoraggiato ed entusiasmato adolescenti e giovani napoletani a lanciare cooperative e imprese sociali di ogni tipo, che dessero spazio al loro talento e creassero un futuro. Hanno cominciato risistemando giardini e inferriate, organizzando doposcuola, e adesso si prendono cura delle catacombe che passano sotto il rione Sanità: le hanno rilevate e ora, da circa cinque mila visitatori, sono passati a centomila.

Le domande dei ragazzi, al termine degli interventi, hanno manifestato l’entusiasmo e la bellezza del servizio che queste testimonianze hanno trasmesso.