Un pomeriggio venne a casa nostra…

Ettore Albertazzi, un professionista torinese, racconta il suo secondo e decisivo incontro con l’Opus Dei, dopo il primo avvenuto negli anni universitari.

Sono nato a Milano 67 anni fa da genitori credenti, ma non praticanti. Ricordo che mia mamma, quando mi portava in centro con lei, entrava sovente in San Carlo o in San Fedele e salutava brevemente il Signore. Non si andava mai a Messa. Ma era abbastanza normale mandare i figli alle scuole tenute da religiosi e fu così che mia sorella e io frequentammo rispettivamente il "Gonzaga" di via Vitruvio e le "Benedettine" di via Cramer. Lì il Signore cominciò a “lavorarmi”. A scuola si frequentava la S. Messa quotidiana e io ci presi gusto, accostandomi via via a una fede più viva, che a tutt' oggi non è mai venuta meno, anzi… Alla S. Messa si aggiunse lo studio del catechismo (ho imparato a memoria le domande e risposte di Pio X, e ancora me le ricordo!) e la pratica dei sacramenti. Questo mi portò a convincere anche mio papà ad andare a Messa, quando di domenica presto ci si recava a pescare.

Abitavamo in piazza Repubblica, quando nei primi anni bocconiani ho conosciuto l'Opus Dei, andando nel Centro sito in viale Bianca Maria Visconti, uno dei primi di Milano. All’epoca – lo confesso - non capii molto. Mi recavo al pomeriggio per studiare perché, allora come tutt’ora, le persone erano allegre, serie e se c'era bisogno, pronte a darti una mano. Mi riferisco in particolare a Giuseppe Garofletti, Francesco di Muzio, Carlo Brezza, laureandi allora, oggi da tempo tutti sacerdoti della Prelatura. Naturalmente c’erano anche molti laici, studenti come me o giovani professionisti. Si studiava molto e intensamente. Spesso la domenica partecipavo alla S. Messa nella cappella del Centro. Che bei ricordi mi sono rimasti di quelle celebrazioni e dei sacerdoti! Posso dire che ancora oggi tutti i sacerdoti della Prelatura celebrano la S. Messa applicando la liturgia della Chiesa in modo perfetto, senza sbavature, con grande fede ma anche eleganza.

Finiti gli studi universitari, persi di vista l'Opera, anche perchè nel 1966 avvennero molti cambiamenti: mi sono laureato, ho cambiato città, passando da Milano a Torino, mi sono sposato, e ho iniziato il lavoro in una grande azienda. Ma nonostante il distacco da quegli amici milanesi, la misericordia e la grazia di Dio non mi abbandonavano; il Signore mi preparava alla vocazione anche se personalmente non me ne accorgevo.

Con Laura abbiamo trascorso i primi anni del nostro matrimonio molto felici. Nacquero i primi due figli, Gerolamo ed Afdera. Il lavoro andava con alti e bassi non tanto per il lavoro in sé che mi piaceva molto, quanto per le persone a cui dovevo render conto. Mi sembrava di essere un parafulmine che attirava su di sè caratterialità singolari con situazioni non sempre gradevoli. Mi rammarico di non aver avuto già allora la formazione dottrinale datami in seguito dalla Prelatura, che mi avrebbe aiutato ad affrontare le situazioni e perlomeno a offrire a Dio quelle contrarietà. Laura mi è stata però sempre vicino con amore e comprensione in quei frangenti.

Nel 1975 sopraggiunse improvviso un fatto triste e prematuro: la morte di mio suocero. Oltre al dolore in sé, ebbi un periodo difficile, e decisi di dare le dimissioni dal lavoro. Ma proprio in quel periodo il Signore venne nuovamente a cercarmi. Un pomeriggio un ingegnere molto gentile e con un volto sorridente - Alberto Di Nicolò - venne a casa nostra con un invito personale per partecipare a Milano a una S. Messa in suffragio di Mons. Josemaría Escrivá, nel giugno del 1976, a un anno dalla scomparsa. Ignoro come e perché sia venuto da me, forse qualcuno (don Giuseppe Garofletti?) si ricordò di me e pescò il mio nuovo indirizzo. Ma dietro c’era sicuramente il Signore. Con Alberto, da allora divenuto il mio “angelo custode”, perchè con tanta pazienza e dedizione mi sarà formatore, ci recammo a Milano, dove in S. Ambrogio partecipammo a una Messa sì di suffragio, ma in cui ritrovai la gioia e la serenità dei giorni antichi, l'ambiente allegro del centro di viale Bianca Maria.

Ormai il contatto era ristabilito; man mano il lavoro e la salute si sistemarono e con altri 4-5 torinesi iniziammo a viaggiare mensilmente in automobile per partecipare al ritiro spirituale, con o senza nebbia... Laura non condivideva e mi diceva: “Ma con tante chiese e sacerdoti a Torino, dovete rischiare così, viaggiando la sera?”. Ma la formazione dava frutti e così, dopo 10 anni dalla nascita di Afdera, una generosità più vissuta e la volontà di Dio ci portarono altri due figli: prima Luca e poi Benedetta.

Oggi il mio primo, Gerolamo, è numerario e svolge la professione di commercialista, Afdera è felicemente sposata a Roma, e ha avuto il suo quarto figlio: il Signore ha permesso che fosse down, ma subito ha avuto da tutti gli altri e da noi un grande affetto. Una coppia di nostri amici ci ha detto: non poteva nascere in una famiglia migliore! Benedetta è filosofa, come sua mamma, come suo cognato e come Afdera; lavora a Milano e si sposerà a ottobre. Luca è laureato in legge e tra un master e l'altro sta aspettando l'esito dell'esame di stato. Tutti custodiscono la fede, attraverso anche il loro legame con l’Opera. Benedetta è soprannumeraria e Luca e Afdera cooperatori, così come mio genero. Questo sì che riempie il cuore di gioia … Che grazia!

La mia formazione spirituale, nonostante i miei innumerevoli difetti, è andata crescendo. Dai primi ritiri al Castello di Urio in cui sentivo la difficoltà alla preghiera più intensa, alla situazione attuale in cui mi impegno a essere fedele a un piano di vita spirituale, cui conto di essere fedele tutti i giorni, per tutta la vita, con l’aiuto del Signore.

L'apostolato? Come detto, sono un appassionato pescatore… Il Signore mi ha dato la gioia di veder concretizzata qualche vocazione. Io mi sono sforzato di… pescare, rivolgendomi anche alle persone più difficili, e il Signore è stato generoso.

Grazie? Molte, soprattutto quelle che ho avvertito a posteriori. In particolare ho la certezza dell'intervento di Nostra Madre in due circostanze specifiche ed intime della mia vita; circostanze che senza il Suo preciso intervento avrebbero cambiato il corso della mia vita. Si, lì, la Madonna ha interceduto in modo straordinario, lasciandomi maggior umiltà e il convincimento che il prossimo non va giudicato.

Non ho conosciuto il fondatore dell'Opus Dei, ma il 7 maggio 1986 siamo stati tutti ricevuti da mons. Álvaro del Portillo. Sento ancora il forte e sicuro abbraccio ricevuto senza iniziali preamboli, le parole affettuose rivolte a Laura e ai figli maggiori, le caramelle per i più piccoli Luca e Benedetta, raccomandandone la parsimonia per via delle carie ai denti che potevano procurare. Anche per questa carezza ricevuta dal Signore, dovrò rendere conto.

Oggi continuo a ringraziare Dio per tutto. E se non avessi incontrato sul mio cammino l'Opera? Sicuramente la mia vita spirituale e familiare non sarebbe stata così ricca. Quotidianamente formulo tre pensieri costanti: “Ti rendo grazie Dio onnipotente per tutti i tuoi benefici”. “Signore abbi pietà e misericordia di me”. “Sia fatta, si compia, sia lodata, la santissima e amabilissima volontà di Dio sopra tutte le cose”.