Una chiave: l’amicizia

L’importanza della famiglia, la sfida dell’educazione, la centralità dell’amicizia, i giovani. Ecco alcune risposte di don Matteo Fabbri, vicario dell’Opus Dei per l’Italia, sulle prospettive delle attività spirituali della Prelatura nel nostro Paese.

Don Matteo Fabbri all'inaugurazione e benedizione della statua della Madonna al Campus Bio-Medico di Roma.

Se le chiedessi così in una parola qual è il tema primario oggi per l'Opus Dei in Italia?

Risponderei così: l'amicizia, la capacità di creare e prendersi cura di legami significativi. La nostra è un'epoca in cui, come Benedetto XVI ha magistralmente spiegato nella “Caritas in veritate", siamo tutti più vicini, ma non per questo siamo automaticamente fratelli. E sulla linea di Benedetto, Papa Francesco ci ha indicato la strada: la fraternità su cui si intesse la vera pace (pace nelle famiglie, pace nella società civile, pace nel mondo) si alimenta dalla filiazione verso l'unico Padre di tutti. Tutti figli di Dio Padre, amici di Gesù e quindi fratelli e amici degli altri. San Josemaría diceva: “filiazione divina, per sentirsi amati e per amare".

Cosa intende per amicizia?

Il nostro fondatore, che parlava spesso di apostolato di amicizia e confidenza, ci ha mostrato con l'esempio che tutto ciò significa prendersi cura degli altri, aprirsi vicendevolmente il cuore, saper vivere una vera gratuità nei rapporti umani – dobbiamo credere che anche oggi questo sia possibile! –, interessarsi sul serio delle persone, amarle per quello che sono e non per quello che vorremmo che fossero, condividere dolori, gioie, preoccupazioni, interessi..., in una parola: amare. E come si impara ad amare così? Prima ancora che amando, essendo amati. Un bambino impara a sorridere in risposta al sorriso della mamma, prima ancora di capire che cosa significa sorridere e di desiderarlo. L'amore paterno e misericordioso di Dio per ciascuno (prima e al di là di ogni nostro merito) ci rende capaci di un amore davvero gratuito, che si accresce poi coltivandolo. L'amicizia non si impara sui libri o da una lezione: la si pratica vicendevolmente.

Papa Francesco sta dedicando le ultime udienze generali al tema della famiglia e il Prelato dell'Opus Dei ha indetto per il 2015 un anno mariano per pregare per le famiglie di tutto il mondo. E' il momento della famiglia?

Certamente lo è: per il mondo e la società, per la Chiesa intera e anche per l'Opera. Le catechesi di Papa Francesco e i suoi continui richiami alla famiglia e al modo di curare le relazioni familiari sono una prova che in questo momento c'è bisogno di grande attenzione: una priorità, si direbbe con linguaggio organizzativo. Ora più che mai la famiglia sta vivendo una crisi dovuta alla debolezza dei legami, all'individualismo imperante... e a questioni molto più concrete e quotidiane, come le difficoltà economiche, il problema di trovare il tempo da trascorrere insieme, ecc.; non mancano poi pressioni di diversa natura e matrice culturale; talvolta si può avere la sensazione che la famiglia sia stata abbandonata a se stessa, senza strumenti per far fronte alla complessità del mondo che cambia.

Ma poi occorre considerare che la famiglia è chiamata ad essere anche soggetto attivo della Nuova Evangelizzazione, come è stato sottolineato nell'Assemblea Straordinaria del Sinodo nello scorso ottobre. La famiglia è una risorsa per la società, a maggior ragione in un momento di crisi come quello attuale: in essa si generano e rigenerano le relazioni di base che fondano la socialità umana: è come la scuola elementare dell'amore disinteressato. E poi c'è il ruolo insostituibile e attivo che i genitori hanno nell'educazione dei figli, che non può essere semplicemente appaltato alla scuola. Il lavoro da fare è immenso.

Cosa sta facendo in questo ambito l'Opus Dei?

Indicendo l'anno mariano, a cui si riferiva in precedenza, il Prelato ha voluto anzitutto ricordare a tutti noi che se si vuole aiutare la famiglia si deve partire dalla preghiera e dall'affidamento alla Madonna, Regina della famiglia e vera custode di essa. E poi, attraverso questa risorsa spirituale, rinnovare l'impegno concreto da parte di ciascuno. Sostegno alla famiglia significa molte cose: dal semplice consiglio di un amico in un momento di difficoltà nella relazione con la moglie, alla focalizzazione della direzione spirituale sulla santificazione della vita familiare, fino ad aiutare le famiglie giovani favorendone l'inserimento in una rete di altre famiglie dove scambiarsi esperienze, ricevere consigli e orientamenti, vivere un ambiente di maggiore unità e condivisione, dove non sentirsi sole. Vi sono poi molte famiglie in varie città del nostro Paese che hanno dato vita a istituzioni educative animate da una profonda identità cristiana; vi sono centri formativi per adolescenti e preadolescenti, in cui il lavoro formativo dei genitori è affiancato da tutor (di solito giovani universitari) che diventano con naturalezza figure di riferimento attraenti per i più giovani,... E vi è poi il sostegno e l'appoggio della formazione alla vita spirituale personale, che trabocca in gioia contagiosa (nonostante le difficoltà che non mancano), innanzi tutto nella famiglia di ciascuno.

Che fare di fronte a una società che sembra andare in tutt'altra direzione?

San Josemaría descriveva il figlio di Dio nel mondo come una persona che ha i piedi ben piantati in terra e lo sguardo rivolto verso il Cielo. Per essere lievito della società bisogna starci dentro con tutti noi stessi senza diventare mondani ed evitando, allo stesso tempo, certi atteggiamenti di pseudo-eremitismo che vogliono farci credere che la società contemporanea sia la peggiore possibile e che non rimanga che arroccarci per stare con i pochi giusti: sarebbe quella forma di gnosticismo che Papa Francesco stigmatizza con efficacia nella “Evangelii gaudium". La strada è un'altra: il cristiano, specialmente colui che è chiamato da Dio a vivere in mezzo al mondo, deve partire e ripartire sempre da un sano ottimismo e da un vero amore al mondo. Questo non significa disconoscere l'esistenza del male, del peccato e di tante corruzioni; significa al contrario avere la certezza che la grazia di Dio è onnipotente e che, attraverso il nostro amore al mondo, Cristo stesso continua ad operare la sua azione redentrice. Dunque ottimismo. Con Papa Francesco possiamo dire: “non diciamo che oggi è più difficile; è diverso". Siamo molto grati al Papa, che ci sprona a dare una autentica testimonianza di carità e di amicizia, che è una squisita forma di carità, e ci spinge ad essere sempre più tra coloro che si gettano con il cuore aperto verso le periferie umane a noi più prossime.

Se dovesse dare un consiglio ai genitori, da cosa partirebbe?

Dall'amore tra loro. Un amore che sappia rinnovarsi negli anni, che sappia tener conto delle età della vita, che sappia sorprendere ogni giorno il coniuge. E' così bello vivere per gli altri, e vivere per un amore! I figli, poi, letteralmente si nutrono di questo amore, prima ancora che del latte materno. San Josemaría dava un consiglio pratico pieno di buon senso: non litigate davanti ai vostri figli, soprattutto se sono piccoli... fatelo poi, più tardi, da soli, aggiungeva con buon umore. Con Papa Francesco ricorderei poi le tre parole chiave della vita familiare: grazie, permesso, scusa.

E nel rapporto con i figli?

I genitori poi sono i primi trasmettitori della fede: insegnano ai figli a pregare fin da piccoli. Non con discorsi o con “lezioni" ma con l'esempio: prevedere dei momenti di preghiera in famiglia, saper utilizzare al meglio quel momento unico delle preghiere della sera. Ci vuole la consapevolezza che la preghiera dei bambini, come quella dei malati, gode di una vera e propria corsia preferenziale per il Cielo. Aggiungerei che, specialmente per i figli maschi, è importante che almeno a volte le preghiere della sera siano recitate con papà. E poi, come ricorda anche Papa Francesco, al giorno d'oggi risulta specialmente importante il ruolo dei nonni perché molto spesso sono loro che hanno maggiori possibilità di dedicare tempo ai nipoti, piccoli e grandi. Penso che in questa fase storica sia determinante il loro ruolo nella trasmissione della fede alle generazioni più giovani. Quando poi i figli crescono...niente prediche: è meglio l'esempio, accompagnato dalla stima e dall'affetto e dal dedicare loro tempo e attenzione. Allora anche la correzione dovuta sarà accettata, prima e più di quanto non sembri.

E sui giovani cosa ci dice?

Sono la speranza e il futuro della Chiesa, come amava ripetere san Giovanni Paolo II. Nutro un profondo ottimismo. I giovani d'oggi, come i giovani di tutti i tempi, hanno una sete immensa di ideali grandi, sono capaci di slanci di generosità che noi adulti non ci sogniamo neanche. Sanno avere il cuore grande e se, attraverso l'esempio di noi adulti, percepiscono la bellezza autentica di una vita coerente e donata, sono capaci, oggi come 50 anni fa e come sempre, di slanci sorprendenti. Agli adulti dico: a noi la gioiosa responsabilità della testimonianza di una vita attraente e positiva dalla quale emerge per evidenza che il cristianesimo è la religione della gioia e che la grazia fa veri miracoli (e vinciamo la tentazione di essere di quei cristiani tristi dalla faccia scura di cui parla il Papa!). Ai giovani dico, con parole del Card. Scola: se non fai dono della tua vita, il tempo te la porterà via inesorabilmente.