Una scoperta a Milano

“Ho scoperto che Dio lo si trova tra i libri, nei volti degli amici, nelle difficoltà e nel divertimento, in metropolitana o in bici, quando il cielo si rannuvola e quando c’è il sole” così dice Filippo Longhi, vent’anni, studente al secondo anno di Giurisprudenza a Milano.

Nato e cresciuto nel capoluogo lombardo, ci tiene a precisare che ha una certa percentuale di sangue napoletano. Ha due sorelle più grandi e qualche anno fa ha deciso di chiedere l’ammissione all’Opera come numerario.

Quali sono le tue passioni?

La passione per il diritto è sbocciata all’improvviso: due estati fa ho visto lavorare un amico avvocato, seguendolo nelle pratiche e in tribunale, e ho capito cosa sia veramente questa professione. Amo molto il nuoto e la lettura. L’attualità e la politica sono ambiti che mi interessano molto, e vorrei poterci dedicare più tempo. Sono stato scout per molti anni, e tutto sommato amo anche le camminate in montagna, che però sono sempre rare. Da poco ho scoperto la meraviglia di girare in bici per Milano, ascoltando i tormentoni dell’estate.

Come sei entrato in contatto con l'Opus Dei?

I miei genitori sono entrambi dell’Opus Dei. In realtà, frequentando gli scout sin da bambino, non mi avevano mai proposto di partecipare ad attività di Club per ragazzi.

E poi?

In prima liceo, grazie alla mia compagnia di amici, ho conosciuto il Centro Culturale Delta, a Milano, dove si tenevano attività di tutti i tipi per studenti liceali: sport, gite, incontri culturali e attività di formazione cristiana. Lì ho scoperto personalmente lo spirito dell’Opera e il messaggio di san Josemaría, che effettivamente mi ha dato nuove prospettive e, in definitiva, cambiato la vita.

Quando hai deciso di diventare dell'Opus Dei?

In seconda liceo, frequentando il Delta, mi hanno insegnato che cosa significhi pregare, “fare orazione”, ovvero parlare con Dio senza un copione, recitando una parte, ma come un figlio (perché così è), come viene, con ciò che c’è nel cuore e nelle giornate comuni.

Poi che è successo?

Ho cominciato a pregare tutti i giorni, e dopo un anno, di mia iniziativa, mi sono ritrovato a immedesimarmi in Simone, fariseo, che per tutt’altra ragione ad un certo punto del Vangelo di san Luca chiede a Gesù: “Maestro, di’ pure”. Io lo intendevo così: che devo fare della mia vita? Che vuoi farne della mia vita? Senz’altro l’ideale di una donazione completa conquista, e difatti il mio cuore cercava quello.

Ti sei mai fatto consigliare da qualcuno?

Ho pregato molto, ho parlato con parecchie persone, e nessuno, fino all’ultimo, mi ha proposto la strada dell’Opera. Io pensavo ad altro, fino a quando ho capito chiaramente, attraverso una chiacchierata, che l’Opera è ciò che desideravo e cercavo. Vedo la vocazione come un fuoco che il Signore mette nel cuore di alcuni (di tutti), e che non si spegne mai, sempre brucia nuovi desideri, sogni, iniziative, voglia di ricominciare.

Quindi cosa hai fatto?

Avevo sedici anni, all'inizio della terza liceo, e ho chiesto di essere "aspirante" e poi a sedici anni e mezzo ho chiesto l'ammissione all'Opus Dei come numerario. Quando ho espresso questi desideri il Direttore del Delta mi ha detto di parlarne prima con i miei genitori.

I tuoi genitori come hanno preso questa tua scelta?

Alle volte ripenso al momento in cui ne ho parlato con loro per la prima volta. Probabilmente, avevano già intuito parecchie cose. Così, una cena in cui eravamo solo noi tre, senza sorelle, ho lanciato la bomba. Sono rimasti abbastanza di stucco; io ho preso i piatti e li ho portati in cucina, aspettando di vedere cosa sarebbe successo.

E cosa è accaduto?

La mamma, un po’ agitata, mi ha chiesto più volte se fossi ben sicuro; il papà, sereno, ha poi aggiunto che avrebbero condiviso la mia scelta, se ne ero convinto e ci avevo visto chiaro.

Da quel giorno cosa è cambiato?

Da quel giorno è cambiato insieme tutto e nulla. Nulla, perché le passioni, gli impegni, gli ambienti, le persone, la famiglia, sono quelli di sempre. Tutto, perché la spinta, il sogno, il perché è completamente diverso, e sempre nuovo, da rinnovare. Al di là delle belle parole poetiche, come ogni vocazione (cioè la chiamata alla santità, all’Amore di Dio), anche quella dell’Opera è niente di più e niente di meno che lotta, lotta continua con sé stessi per affidarsi al Signore, compiere bene il proprio lavoro, cercare di essere persone oneste e virtuose, pensare agli altri, approfondire la formazione, vincere la svogliatezza.

Ora il rapporto con la tua famiglia è diverso?

Da un anno mi sono trasferito fuori casa: ora abito in una residenza universitaria. Evidentemente, la frequentazione è diminuita, anche se già prima, con le sorelle, per gli impegni di tutti, ci si vedeva poco.

Ogni quanto vedi i tuoi?

Cerco di tornare a casa spesso. Anche questo è un campo di lotta: cerco di vincere la pigrizia nell’organizzarmi bene per poter fare tutto e vedere tutti. Dando comunque spazio allo studio, agli impegni che ci sono nel portare avanti una residenza e dedicare il tempo a coloro che vivono con me, ai familiari e alle amicizie.

Cosa ha comportato per te lasciare la famiglia così giovane?

Penso di poter dare ai miei genitori e alle mie sorelle molto di più ora, che pure ci si vede meno, che non prima. Ho formato una nuova famiglia, ma evidentemente l’affetto per loro non è diminuito, anzi, per certi versi mi sembra maggiore e migliore.