Dalla Croce alla tomba vuota

Nella Pasqua Gesù ci dà una missione nuova per la nostra quotidianità: siamo testimoni del suo amore per noi e della vita divina che lui ci dà.

Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba. (Mt 28, 1)

È il primo giorno della settimana ma per queste due donne è peggio di quello che per tanti di noi potrebbe essere un qualsiasi lunedì, di ritorno dopo lunghe vacanze. È terminata la festa, quella festa di Pasqua per loro così dolorosa, in cui hanno visto morire colui che un giorno aveva riempito di speranza il loro cuore. La quotidianità di quel primo giorno della settimana comincia per loro con una visita al cimitero: il corpo di Gesù giace nel sepolcro con una grande pietra rotolata all’ingresso. Quel lungo sabato santo, col grigiore della sepoltura dei sogni e delle speranze sembra non debba finire mai.

Queste donne, assieme a Maria, la madre di Gesù, erano state le uniche che fino in fondo lo avevano accompagnato nella solitudine e nel dolore della passione, fino ai piedi della croce. Erano loro che erano state con lui fino alla fine, fino alla deposizione nel sepolcro. Gli apostoli non ce l’avevano fatta, avevano avuto paura, una paura che continua nella loro volontaria reclusione nel cenacolo. Proprio loro, chiamati perché stessero con lui (cfr. Mc 3, 14), vengono meno alla loro missione per la loro debolezza. È questo uno dei tanti paradossi della Pasqua, di quella prima Pasqua in cui il mondo sembra andare tutto a rovescio: gli amici abbandonano il Maestro; le autorità religiose lo rifiutano e proprio loro, almeno in teoria così addentro alle cose di Dio, non riconoscono il Messia, lo rifiutano e lo fanno condannare; invece un estraneo come Pilato, il governatore romano, scrive proprio la verità sul titulum crucis: Gesù è il re dei Giudei.

La Passione di Gesù è una storia di solitudine, di sotterfugi e di paure, ma è soprattutto la storia di quell’amore fedele di Dio che arriva fino alle estreme conseguenze per salvarci. E in questa storia proprio chi ha potuto accompagnare Gesù fino alla fine nella passione, lo incontra per primo vivo e risorto. Lo può fare chi, almeno agli occhi della gente, è stato solidale col condannato, ha abbracciato la possibilità di prendersi almeno un po’ di colpa con lui, lui che ha preso su di sé tutte le nostre colpe. Lo può fare chi non ha avuto e non ha paura di stare con lui fino alla fine.

L'angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l'ho detto» (Mt 28, 5-7) Voi non abbiate paura, voi che lo avete seguito, anche voi che almeno ci avete provato… Non abbiate paura: la quotidianità del primo giorno della settimana non finisce con il pianto di fronte al sepolcro ma con una missione nuova; testimoniare che lui è risorto.

Questa può essere anche la nostra Pasqua: nostro Signore Gesù Cristo vince la morte per sempre, vince il peccato, risorge e ci apre il Paradiso, chiuso a causa del peccato originale, e ci dà la sua vita eterna. “Mettiti nelle piaghe di Cristo Crocifisso. – Lì apprenderai a custodire i tuoi sensi, avrai vita interiore, e offrirai continuamente al Padre i dolori del Signore e quelli di Maria, per pagare i tuoi debiti e tutti i debiti degli uomini” (San Josemaría, Cammino, n. 288)

Cristo è vivo e glorioso, così si fa incontro alle donne e, più tardi, agli apostoli e ai discepoli. Nel suo corpo risorto rimangono impressi i segni della passione, le piaghe fanno parte del suo corpo glorioso. Sono come il sigillo dell’amore di Dio per noi, ciò che ci pone di fronte alla serietà del nostro peccato, che è la causa della Passione, e allo stesso tempo ci mostra quanto sia forte e definitivo l’amore del nostro Dio per noi. Risorgendo, Gesù non fa finta che il male non esista ma davvero ci fa passare da ciò che nella nostra vita è peccato e genera morte, da ciò che è sofferenza e paura, per giungere alla gloria della risurrezione. Nel suo trionfo definitivo Cristo non nega ciò che ha fatto per noi e che ogni giorno per noi continua a fare nella santa Messa, rinnovazione incruenta del suo sacrificio.

Non possiamo, non dobbiamo avere paura di seguire i passi di Maria fino al Calvario per arrivare alla sua stessa gioia, immensa e definitiva di incontrare il suo Figlio risorto.